Miti e Leggende: VILLA SCABROSA Catania

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Miti e Leggende: VILLA SCABROSA Catania

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Pubblicato da Francesca Ur. per SicilyTourist in Catania e Provincia · 18 Dicembre 2021
Il legame tra l’Etna e Catania è inscindibile. Dalla Storia più antica a quella più recente le leggende e gli aneddoti legati al famoso vulcano sono innumerevoli. Ma l’elemento ancor più caratteristico è che l’Etna fa quasi parte del tessuto urbano catanese anche a livello architettonico con i suoi palazzi in stile Barocco e le sue piazze con la tipica sfumatura nera grazie all’uso della pietra lavica. Addirittura l’artigianato vede nella pietra lavica un’importante punto di riferimento per l’economia locale. In pratica l’Etna plasma Catania da sempre, nella sua storia, nell’economia e nella tradizione anche artistica e architettonica.



La plasma addirittura fino al punto di decidere la nascita e la scomparsa di alcune sue particolari caratteristiche come nel caso del lago di Nicito che si formò dopo l'eruzione del 406 a.C. (o 496 d.C.) nella periferia nord della città di Catania. Il lago aveva una circonferenza di circa 6 chilometri ed una profondità di oltre 15 metri, nei pressi dell'attuale piazza Santa Maria di Gesù a Catania. Alimentato dalle varie correnti d'acqua che affluivano da più parti e circondato da alberi e campagne, costituiva un luogo ameno ed intorno ad esso sorsero delle ville.




Di fronte al lago, nel 1556, il viceré di Sicilia Juan de Vega fece erigere il Bastione degli Infetti. Il lago esistette fino al 1669, quando una delle più disastrose eruzioni dell'Etna avvenute in epoca storica, dopo aver distrutto diversi paesi dell'hinterland catanese, nel giro di poche ore colmò il lago e la valle in cui insisteva. Sul lago si svolgevano anche delle regate navali. L'unica testimonianza attualmente esistente del lago è il nome dato alla via omonima
E se nel 1669 scompariva il lago di Nicito allo stesso tempo l’Etna lavora per posare le basi per un altro luogo ormai rimasto nella leggenda. Un luogo che, data la sua conformazione architettonica che inglobava la pietra lavica e per la posizione in cui sorgeva proprio a simboleggiare la rinascita dopo la devastazione dell’eruzione, è un’ulteriore testimonianza del profondo legame tra l’Etna e Catania. Parliamo di villa Scabrosa a cui oggi è dedicata l’omonima via.



Villa Scabrosa, grazie al nobile catanese Ignazio Paternò Castello, V Principe di Biscari era un’idea davvero ambiziosa. Il principe era un appassionato d’arte e d’archeologia tanto da farne il centro della sua vita, al punto che se oggi possiamo continuare ad ammirare l’anfiteatro romano di Piazza Stesicoro lo dobbiamo proprio a lui.
Come dicevamo, nel 1669 un’imponente colata lavica distrusse vari luoghi di Catania e tra questi vi era una zona vicino al mare nei pressi del castello Ursino. Il principe, una volta acquistato il terreno, avviò la costruzione di una villa monumentale. Il progetto definiva la villa come “un’oasi nel deserto” dato che all’interno di quest’area furono impiantati svariati alberi e, dopo aver modificato l’afflusso del fiume Amenano (il fiume sotterraneo che attraversa la città), la villa fu dotata anche di due piccoli laghetti che furono riempiti di pesci. Questo creava una vera oasi all’interno di un’area devastata dal vulcano.
Divenne luogo simbolo della città, frequentato da uomini di ogni ceto e tappa obbligatoria per i grandi viaggiatori dell’epoca che raccontavano di questo luogo, unico nel suo genere, negli scritti dei loro diari di viaggio, durante i loro soggiorni nella città di Catania. Furono molti i viaggiatori che, colpiti dalla singolarità della villa, scrissero dettagliatamente le bellezze di quest’armonico complesso. Tra i quali ricordiamo l’inglese Henry Swinburne, che scrisse “Viaggio nelle due Sicilie negli anni 1777-1780”.
Ma fu anche rappresentata in molti dipinti provenienti da tutta Europa rendendo oggi la villa, che non ha rappresentazioni fotografiche, quasi una leggenda.
Ribattezzata anche con il nome di Villa della Lava, divenne un’oasi artificiale alla quale era possibile accedere tramite una strada carrozzabile costruita appositamente. Una villa monumentale, i cui elementi architettonici erano costituiti proprio da blocchi di pietra lavica, incastonati naturalmente, tanto da formare un piccolo golfo naturale.
Ma voi vi chiederete, perché l’appellativo di Villa Scabrosa? Il motivo sta nel fatto che la tranquillità di Villa Scabrosa fece sì che questo giardino diventasse luogo di incontri amorosi furtivi della nobiltà catanese, ma nel corso degli anni, gli scandali, le invidie e le continue malattie che si verificarono nella zona della Villa convinsero i catanesi a non frequentare più il giardino.
I guai non finiscono qui perché dopo la morte del Principe Biscari, la villa venne totalmente abbandonata e gli eredi per poter fronteggiare i debiti lasciati dal principe imposero il progressivo smantellamento dell’intero complesso.
Il terreno, diviso in lotti, venne venduto e destinato alla semina e non ne rimane nessuna traccia, se non il nome di una strada, la Via Villa Scabrosa.
Così come accaduto al lago di Nicito, originatosi e distrutto da due violente eruzioni vulcaniche ma rimasto comunque nella leggenda, anche del lussureggiante giardino catanese non rimangono altro che lontane memorie e una via urbana a esso intitolata.




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