Abbazie e Monasteri in Sicilia: La Regia Abbazia di Roccadia

Seguici anche su:
Vai ai contenuti

Abbazie e Monasteri in Sicilia: La Regia Abbazia di Roccadia

SicilyTourist.com La Guida di viaggi e turismo in Sicilia più completa
Pubblicato da Sicily Tourist in Siracusa e Provincia · 23 Giugno 2024
Nell'anno 1176, sulle colline di Lentini, venne fondata l'Abbazia di Rocca Dei o Roccadia. Intorno al 1220, Federico II, desidera trasferire la comunità Cistercense di Roccadia ad Agnone Bagni, in contrada Murgo. In questa contrada, Federico, aveva avviato i lavori per una Basilica molto più grande, La basilica del Murgo. Le tensioni con il papato bloccano la costruzione. Durante le lotte tra l'impero e il papato, l'abbazia, subisce dei danni. Verso la metà del XIII secolo il monastero andò in rovina, fu riediflcato per volere di Manfredi, dotato di nuovi privilegi da parte di Carlo I d’Angiò e restaurato alla metà del XV secolo. Fu completamente distrutto da un terremoto nel 1693 e la sua comunità monastica si dovette trasferire nella nuova città di Carlentini, restando in vita fino all’inizio del XIX secolo quando il monastero fu soppresso dal Governo borbonico che ne vendette i beni.



Il primo documento scritto in cui fu menzionata risale però al 1220, quando l’abate era tale Nivaldus Sclafani. Si tratta di un atto di epoca federiciana in cui vengono menzionati i beni dell’abbazia tra cui appunto il monastero di Roccadia « [… ] ipsi abbati et conventui predicto monasterii Sancte Marie de Roccadia ac successoribus eorum perpetuo confirmamus ut absque ulla molestia que continentur in ipsis possideant, concedentes, donantes et confirmantes eidem monasterio in perpetuum possessiones et omnia bona que in presenti tenet et possidet et in antea poterit justo titulo adipisci…». Dell’Abbazia di Rocca Dei si parla anche in un documento datato 17 marzo 1220 di Papa Onfrio III poiché all’epoca i monaci che abitavano nel monastero si sarebbero dovuto trasferire in Contrada Murgo ad Agnone, presso l’abbazia del Murgo la cui costruzione era stata avviata da Federico II. Dell’antica costruzione oggi rimangono pochi ruderi dai quali è possibile risalire all’impianto planimetrico. Una sua descrizione ci è stata fornita da Vito Amico che nel XVIII secolo suo “Lexicon topographicum Siculum” dell’abbazia di Roccadia scriveva: «Monastero nel territorio di Lentini, un tempo a tre miglia dalla città, sotto il nome di s. Maria e l’ordine cisterciense, detto altrove d’incerta fondazione nelle monastiche notizie della Sicilia, ma or conoscesi da antiche carte da poco rinvenute dovere attribuirsene l’origine ai principi normanni. Gli antichi edifizii del cenobio giaccioni abbandonati, e tra essi rammentasi un triclinio, di cui sosteneva la volta un tronco di palma elegantemente lavorato in pietra, ornando anche dei rami con vario artificio l’aspetto interiore della volta…».



La storia del monastero di Roccadia, così come è possibile ricostruirla attraverso le fonti documentarie giunte fino ai giorni nostri, è, in sostanza, uno spaccato della storia ecclesiastica siciliana, coinvolgente non solo l’ambito territoriale lentinese, ma anche catanese e messinese. Purtroppo all’interno di questa vicenda storica tanto articolata la perdita maggiore si deve registrare nella totale scomparsa delle fabbriche del complesso sacro a causa di una calamità naturale, questa volta ben registrata dalle cronache del tempo: il terremoto del 1693. Mongitore recita quasi un epitaffio sulla scomparsa del monastero: “… ex Terraemotu Coenobum solo aequatum; quare in Oppido Carleontinensi Monachi novum magnificis fabricis sunt moliti ad plagam septemtrionalem, intra ipsius Oppidi moenia…”. L’intero complesso venne, dunque trasferito all’interno dell’abitato di Carlentini, scomparendo come unità ecclesiastica a sè stante rispetto alla vicina vita urbana.
Sul luogo di fondazione dell’antico complesso apprendiamo labili notizie sempre dal Pirri, “… situm olim id Monasterium sub S. Mariae de Roccadia titulo in Emporio Leontinensi, ejusque territorio ad tria milia pass ab Oppido…”. Inoltre V. Amico offre una breve descrizione dei luoghi su cui insisteva il monastero, ricordando, tra l’altro, la presenza di vistosi ruderi, fra cui un’ampia sala circolare coperta da volta costolonata sorretta da pilastro centrale. Qualora il complesso fosse giunto intatto ai giorni nostri, pur con i diversi rifacimenti avvenuti nell’arco dei lunghi secoli di vita, sarebbe stato certamente un interessante esempio di architettura normanno/sveva. Bisogna comunque sottolineare l’assoluta assenza di ricerche in campo archeologico, che ovviamente avrebbero potuto, se non restituire una perfetta visione delle antiche strutture, almeno definire meglio l’estensione del complesso, scandendo le diverse fasi edilizie ed evidenziando il rapporto che il monastero intratteneva con il territorio circostante. Ad oggi questi dati mancano del tutto e, pertanto, il presente scritto deve considerarsi per forza di cose incompleto.



Bisogna considerare come marginale la questione legata ai resti del complesso sacro ancora oggi esistenti in località Agnone Bagni, non lontano dalla costa lentinese, che la maggioranza degli storici siciliani, sulla base di una affermazione del Manriquez, ha voluto attribuire alla volontà di Federico II di trasferire il monastero di Roccadia in sito più consono e ameno. Si tratta di ipotesi possibile, sebbene non rimanga alcun documento che confermi il trasferimento della comunità cistercense di Lentini dalle colline verso la costa. Forse il documento mai venne scritto, poiché le fabbriche di Agnone Bagni rimasero, come ancora oggi è possibile osservare, incomplete: il cantiere, infatti, giunto circa a tre metri di alzato venne smantellato e mai più ripreso. Le motivazioni di questa sospensione sono a tutt’oggi sconosciute, per quanto le ragioni forse debbano essere trovate nella crescente ostilità del papato nei confronti della politica federiciana e ancora nella forzata partenza dell’imperatore verso la Terrasanta.
Qualunque corso abbiano avuto le vicende, quel che rimane ai giorni nostri è, in sostanza, l’impianto di una basilica a tre navate, con tre absidi quadrate e orientamento est-ovest. La tecnica edilizia rimanda senza alcun dubbio, e nei materiali e nella perfezione delle misure, ad una fabbrica federiciana come quella di Castel Maniace o, come attualmente preferisce la storiografia più recente, a Castello Ursino di Catania, al quale i ruderi di Agnone Bagni si vuole siano vicini cronologicamente.
I resti dell’edificio sacro sono composti da un alzato che solo sul fianco settentrionale raggiungono circa  tre metri di altezza. La muratura, spessa cm. 260,32, è formata da un comune nucleo centrale di pezzame e malta e due paramenti, esterno ed interno, composti da doppia fila di conci squadrati e stilati a chiodo. Quel che rimane del prospetto principale è appena sufficiente per dare una semplice visione d’insieme dell’imponenza dell’impianto: esso si conserva per l’altezza di nove assise di conci alti in media cm. 35 e larghi sino a m. 1,50.



I filari posseggono un andamento ordinato, sebbene esso risulti ovviamente interrotto in corrispondenza dell’innesto con quel che rimane del portale, costituito da conci più alti, nei quali risultano intagliate le decorazioni. Questo ingresso ha una larghezza di oltre cinque metri e presenta un profilo a “greca” che ha indotto alcuni studiosi a paragonarlo al portale principale di Castel Maniace. In realtà pare che le analogie permangano solo per l’ampiezza e la forma delle basette di colonna. Ultimamente si ritiene che maggiori corrispondenze si possano, invece, trovare con il portale  della basilica di Maniace, presso Bronte, almeno relativamente alle colonne maggiormente aggettanti sul filo del muro rispetto a quelle presenti presso il castello Maniace di Siracusa.
Le tre navate della chiesa sono suddivise da dodici pilastri centrali e tredici semi colonne addossate alle pareti interne e realizzate da pile di conci di altezza compresa tra i 25 e i 40 cm., la cui disposizione e il cui taglio sembrerebbe ricordare più da vicino la fabbrica del Castello Ursino.
L’area presbiterale si compone di un transetto rettangolare, sporgente sulle navi per una misura pari alla profondità delle navate laterali, largo tanto quanto la navata centrale e profondo in misura simile alla larghezza. Inoltre il muro nord del transetto presenta un’apertura archiacuta, ancora oggi ben visibile. Riguardo alle absidi, invece, è possibile osservare un ampio rimaneggiamento dovuto all’impianto di fabbriche moderne che hanno trasformato soprattutto l’abside centrale in cappella padronale. A causa di queste radicali trasformazioni purtroppo rimangono solo pochi metri di alzato relativi all’ampio arco di trionfo composto da pilastri rientranti ed angoli a quarti di colonna. La muratura delle tre absidi è formata, all’esterno, da conci regolari di grandezza inferiore rispetto a quelli osservati nel resto dell’edificio e solo i cantonali si mostrano rinforzati da conci di grandezza pari a quella precedentemente analizzata, ad esempio, nel prospetto. Inoltre l’attacco a terra si offre mediato da uno zoccolo unito alla parete per mezzo di un’unica cornice composta da una scozia profonda compresa da due tori.    



I recenti studi hanno analizzato con maggiore dovizia i moduli costruttivi utilizzati per erigere la basilica del Murgo. L’unità di base utilizzata è, pare, la misura di cm. 32.54, in sostanza il piede delle misure arabe canoniche. La profondità complessiva dell’impianto è pari a 254 moduli più uno legato alla base esterna della colonna del portale principale, per un complessivo totale di 255 moduli. I rilievi in pianta hanno inoltre evidenziato che il transetto è la metà esatta della lunghezza totale dell’edificio, tolto lo spessore murario delle absidi. La nave, inoltre, possiede un’ampiezza pari ad n terzo della lunghezza totale, similmente al lato breve de transetto. Le due navate laterali contano 17 moduli, quella centrale 35.
Da una simile analisi, secondo alcuni studiosi è possibile evincere una metodologia costruttiva che non preveda prima il completamento delle absidi e del transetto, ma, la realizzazione del corpo di fabbrica sembrerebbe procedere dall’esterno verso l’interno, cioè attraverso l’edificazione prima delle navate laterali e delle absidi, successivamente della navata centrale e del transetto. Tecnica simile sembra osservarsi pure nell’edificazione di Castel Maniace a Siracusa e Castello Ursino a Catania, con il quale sembrerebbero risaltare alcune similitudini relativamente alla tessitura muraria dell’interno e, come precedentemente accennato, alla modalità di realizzazione delle semi colonne. Forse sulla base di queste semplici osservazioni si potrebbe dire che la basilica incompiuta di Agnone Bagni sia da porre in un arco cronologico compreso tra i due citati castelli, forse in un periodo più vicino alla realizzazione del castello catanese.



Per certi versi la basilica del Murgo rimane un “unicum” edilizio che per alcuni versi unisce la Sicilia alle tecniche edilizie continentali. L’utilizzo di absidi quadrate, ad esempio, per quanto non sia del tutto avulso dalla cultura isolana, certamente non è diffusissimo fra le superstiti chiese cronologicamente più o meno coeve. Anche le altre caratteristiche edilizie osservate spingono a immaginare l’immissione in suolo siciliano di maestranze provenienti dal continente e opportunamente inserite nel tessuto sociale e artistico dell’isola per volontà di Federico II. Che queste maestranze, almeno quelle adibite alla direzione dell’opera, fossero di origine cistercense rimane l’ipotesi più credibile, sebbene probabilmente l’apporto di manodopera locale fosse quantitativamente non indifferente, vista anche l’ampiezza progettuale rimasta purtroppo solo nella mente dei realizzatori.



Secondo G.Agnello l’abbazia cistercense di S.Maria di Roccadia sarebbe stata venduta dal Governo borbonico al barone Giovanni Riso, che avrebbe costruito sui ruderi il suo palazzo. La Guida TCI però segnala nella zona archeologica a sud della moderna Lentini, «i ruderi della chiesa e del convento, crollati nel 1693», la cui entità dovrebbe essere sufficiente per risalire alla planimetria originaria.



eXTReMe Tracker

Segnala Sicily Tourist ad un amico! Inserisci l'indirizzo e-mail:


I NOSTRI PARTNER UFFICIALI:
by SICILYTOURIST
Torna ai contenuti