Archeologia: recuperata nel mare di Porticello anfora del IV secolo a.C
Pubblicato da Sicily Tourist in Palermo e Provincia · 3 Gennaio 2021
Un'anfora "a siluro" databile alla seconda metà del IV secolo a.C., è stata recuperata dai fondali di Porticello, a Palermo, a seguito di un'operazione coordinata dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana con il responsabile del gruppo subacqueo Stefano Vinciguerra, la Capitaneria di Porto di Porticello, la Guardia di Finanza con il maresciallo nucleo sommozzatori, Riccardo Nobile.
La Secca o Scoglio della Formica è una montagna che sprofonda per 60 metri, con due estremità affioranti per circa mezzo metro. Sconosciuta dalle antiche rotte, fu teatro di naufragi di grandi imbarcazioni in epoche fenicia e romana. Di dimensioni gigantesche, offre la possibilità di variare le immersioni, presentando percorsi archeologici e naturalistici, poco profondi e adatti allo snorkeling o piuttosto impegnativi per subacquei esperti. È uno dei più famosi siti dove è possibile ammirare un’autentica rarità: il corallo nero (Antipathes subpinnata) dalle ramificazioni bianco rosate. Tra i ventagli delle gorgonie si possono scoprire piccoli organismi che stabilmente vivono tra queste ramificazioni: gamberetti, crinoidi, colorati nudibranchi, un paradiso per gli amanti della macrofotografia. Numerosi incontri si possono fare con tonni, pesci luna, ricciole, dentici, saraghi imperiali, branchi di occhiate.
La Secca della Formica a Porticello custodisce un sito importante dove si trova un relitto che, nel tempo, è stato oggetto di atti di depredazione tanto da sollecitare, da parte della Sopmare la richiesta alla Capitaneria di Porto, di emettere l'ordinanza di interdizione dell'area.
L'operazione di recupero si è resa necessaria a seguito delle consuete operazioni di tutela e monitoraggio svolte dai collaboratori esterni di Sicilia Archeologica guidati da Gaetano Lino, nel corso delle quali è stato evidenziato un tentativo di trafugamento.
L'intervento ha visto impegnata in prima linea la Soprintendente del Mare, Valeria Li Vigni. Importante la collaborazione dei volontari del BC Sicilia. L'anfora, dopo le necessarie operazioni di ripulitura, verrà esposta al Museo della navigazione all'Arsenale.
Cos’è un’anfora “a siluro”?
L’anfora recuperata è stata datata alla seconda metà del IV secolo a.C. ed appartiene alla tipologia delle anfore “a siluro”; è stata classificata così per la sua particolare morfologia longilinea. Già a partire dal V secolo a.C. l’arcipelago maltese produceva anfore da trasporto con forme tipiche del repertorio fenicio-punico, quindi, molto probabilmente il nostro è proprio uno di questi casi. Tali contenitori sono caratterizzati, oltre che dal corpo a siluro, da assenza di collo e da anse ad orecchia impostate sul corpo. Inizialmente, nella loro fase arcaica, queste anfore presentavano un corpo ovoide ed un labbro arrotondato e leggermente estroflesso; poi subiscono un’evoluzione formale per cui il corpo tende ad affusolarsi. La produzione delle anfore a siluro sembra prolungarsi anche in età romana, almeno fino al II secolo a.C.: lo si deduce dal ritrovamento dei recipienti in contesti funerari. Le anfore “a siluro” dovevano servire al contenimento e al trasporto del garum, la salsa di interiora di pesce amata prima dai Fenici e poi dai Romani. Informazioni riguardo la sua preparazione le riferisce Plinio il Vecchio nel XXXI Libro nella sua Naturalis Historia (v. 93 e seguenti); altra fonte importante, ma avversa al garum, è Seneca: in una lettera a Lucilio contro gli eccessi alimentari definisce il condimento “costosa poltiglia di pesci guasti”.