Castelli Medievali in Sicilia: Castello di Donnafugata

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Castelli Medievali in Sicilia: Castello di Donnafugata

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Pubblicato da Sicily Tourist in Ragusa e Provincia · 25 Ottobre 2022
Tra le incontaminate campagne siciliane a 20 km da Ragusa, contornate di muretti in pietra a secco, sorge il Castello di Donnafugata. Il Castello appare quasi all'improvviso, in pietra bianca, su una bassa collina, che sovrasta campi nei quali fanno capolino alberi di carrubo e ulivi. Un ampio prospetto ai cui lati si trovano due torri circolari, un terrazzino panoramico ed un bel loggiato con archi a sesto acuto. Le merlature nella sua sommità fanno effettivamente pensare ad una struttura difensiva ma non è così.



La dimora Donnafugata è un condensato di stili di epoche e di gusto differenti. Così lo volle il barone Corrado Arezzo De Spuches. Visitare il castello equivale un po' ad immergersi nelle atmosfere simili al famoso "Gattopardo". Il castello è composto da ben 122 stanze di cui 22 sono fruibili al pubblico e contengono gli arredi originari dell'epoca. Attraversandole si compie un vero e proprio "salto" nel mondo dell'aristocrazia siciliana dell'ottocento.




Terminata la visita al Castello sarà poi piacevolissimo immergersi nel parco annesso, ampio ben otto ettari e ombreggiato da grandi ficus magnolioides e altre specie vegetali tipicamente siciliane ed esotiche. Il parco nasconde alcune "distrazioni" che in passato allietavano e divertivano gli ospiti, come il tempietto circolare, la Coffee House (per dare ristoro), il labirinto in pietra ed alcune "grotte" artificiali dotate di stalattiti. Il castello è stato nel corso degli anni sede si diversi set cinematografici e televisivi. Nelle stanze interne sono state girate alcune scene del film "Il Gattopardo" di Visconti, e "I Viceré", mentre sulla terrazza del castello sono state girate varie scene della fiction "Il commissario Montalbano".



Incastonato tra le dolci colline iblee e la folta vegetazione tipica dell’altopiano ragusano, sorge il castello di Donnafugata. Un gioiello dell’arte neogotica siciliana. Ultimo baluardo rimasto a testimoniare la vita della nobiltà dell’ottocento. Visitare il castello appartenuto alla famiglia Arezzo, di proprietà del comune di Ragusa sin dagli anni ’80 dello scorso secolo, è una full immersion in un mondo antico. Un’era che ancora ci parla attraverso le sue mura, i suoi arredi, i vestiti d’epoca e il parco magnifico che accoglie il visitatore come la madre terra accoglie i suoi figli.
Il castello era originariamente una villa di campagna. Il feudo fu acquistato nel 1648 da Vincenzo Arezzo, il I° barone di Donnafugata, da un’altra nobile famiglia siciliana i Cabrera. Ai tempi era solo una torre di avvistamento che fungeva da protezione al vasto territorio del feudo. Nei secoli successivi la famiglia Arezzo la trasformò e rese il feudo ricco e florido. Dopo la metà del 1800 fu il barone Corrado Arezzo de Spuches a trasformare la villa di villeggiatura di famiglia in un castello. Egli vi apportò assieme alla figlia, negli anni, tutti quegli elementi tali e necessari da renderlo un castello degno di un racconto fiabesco.
Il barone fu un uomo influente, come del resto lo era sempre stata la sua famiglia nel contesto aristocratico locale. Deputato del Parlamento di Sicilia nel 1848, Corrado Arezzo, fu anche attivista nel comitato rivoluzionario antiborbonico e con la nascita del Regno d’Italia fu Senatore del Regno. Inoltre nel 1865 fu Regio Commissario d’Italia all’esposizione di Dublino. Uomo eclettico e viaggiatore curioso apprezzava la cultura del Nord Europa.



Fu grazie alla sua influenza che la ferrovia arrivò a passare vicino al suo castello, così come l’ufficio postale e il telegrafo. Tanti gli ospiti del mondo dell’arte dell’epoca che frequentarono il castello. Il Barone contribuì molto all’economia locale con l’avvio della filanda dove si tesseva il cotone prodotto nei suoi vasti possedimenti terrieri.
Il castello si dispiega su una superficie di 2500 mq circondato da 8 ettari di parco. La posizione del castello è a 308 metri sul livello del mare e, dal suo bellissimo terrazzo e dalle torri superiori domina la vallata fino al Mediterraneo. L’anima della tenuta è il parco, concepito secondo l’usanza del tempo come un percorso esoterico per dare modo al visitatore di meditare in mezzo alla natura e ai suoi misteri.



Nei piani bassi della magione è conservata la “Collezione Gabriele Arezzo di Trifiletti” che consiste in una raccolta di abiti d’epoca che abbracciano 3 secoli, appartenuti sempre alla famiglia Arezzo. Il castello di Donnafugata è una meraviglia per la vista e per i sensi, visitarlo rende il viandante partecipe di una realtà persa nelle pieghe del tempo ma ancora palpabile tra le sue stanze.

ORIGINE DEL NOME DONNAFUGATA:
La storia del Castello di Donnafugata si mescola alle leggende popolari che diventano miti con il passare dei secoli. Pare che la torre originaria, appartenuta ai Cabrera, nel 1409 fu testimone del rapimento della regina Bianca di Navarra. Difatti alla morte del re Martino d’Aragona, il regno venne retto dalla sua consorte che veniva corteggiata da tanti uomini, i quali premevano per ottenere potere nel regno. Fu così, che il conte di Modica Bernardo di Cabrera rapì la regina Bianca e la tenne segregata nella torre affinchè lei lo sposasse, ma la donna riuscì a scappare.
La torre per la popolazione locale venne indicata con il nome di Torre di Bianca e in seguito acquisì il nome di Donnafugata, cioè donna in fuga per alcuni o donna rapita per altri. Questa è la leggenda. La storia pare che invece sia diversa e che il nome derivi dal termine arabo con cui i saraceni chiamavano una fonte d’acqua nei pressi del fondo, “Ayn As Jafait”, che volgarizzato nel dialetto locale si è tramutato prima in “Ronnafuata” e poi italianizzato in “Donnafugata”. Anche questa tesi è alquanto tirata per i capelli, poichè assomiglia alla storia da cui nasce il nome della frazione di Scicli, Donnalucata. Sicuramente nella storia di Bianca e di Bernardo un fondo di verità c’era.



IL CASTELLO COME LO VEDIAMO OGGI
L’aspetto con cui il castello si presenta oggi è quello voluto dal barone Corrado Arezzo e dai suoi discendenti. Difatti tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 varie modifiche furono apportate alla dimora di villeggiatura, conferendogli l’aspetto di castello. Questo, grazie anche alla forma di quadrilatero con le torri laterali e con la tipica merlatura sulla sommità.
Nel castello di Donnafugata ci sono 122 stanze ma solo 28 sono fruibili al pubblico. Nei piani bassi viveva e lavorava la servitù e vi erano i magazzini. L’ingresso è stato ideato per lasciare l’accesso alle carrozze.
Entrando negli ambienti del castello quello che colpisce per primo sono i pavimenti di splendida pece nera lucida. Tipica degli antichi casati siciliani questa pavimentazione contestualizza sempre l’ambiente, quasi a voler ricordare a tutti i visitatori in quale territorio si trovino. Tra la prima sala d’accoglienza dalle pareti blu ai salotti di conversazioni per le signore e per i signori, fino alle camere dei proprietari e la foresteria per gli ospiti, il visitatore viene trasportato e catturato. Dai broccati, alle lampade sospese, dai trompe-l’oeil alle pareti e dai quadri, tutto parla di arte, amore per il gusto e ricchezza.
Ci si sente quasi proprietari di quel luogo e specchiandosi nella stanza degli specchi per un attimo i vestiti sembreranno di un'altra epoca, persi come si è in una dimensione sospesa in questo tragitto. E quando il viaggio sembra concluso il terrazzo che abbraccia la campagna circostante fino al mare, giù all’orizzonte, lascia senza fiato per la bellezza. Il bianco della pietra risplende sotto il sole e lo stile esterno neogotico veneziano del castello si illumina, incantando la vista.



IL PARCO DEL CASTELLO E IL PERCORSO ESOTERICO:
Il parco del castello di Donnafugata si estende su 8 ettari di terreno. Al suo interno sono presenti circa 1500 specie vegetali. La struttura del parco come si mostra oggi è il risultato dei lavori che a fine ‘800 fece il barone Corrado Arezzo e quelli fatti dai suoi eredi all’inizio del ‘900. Come era uso ai tempi del Barone, il giardino doveva essere un luogo che riportasse l’uomo alle origini, che lo aiutasse a meditare e a trovare le risposte attraverso passeggiate solitarie. Molti i simboli e le allegorie presenti a tal proposito nel parco. Intanto, l’impianto viene costruito secondo un principio dualistico filosofico: ragione e mito.
Nel parco di Donnafugata è presente la sezione di giardino all’inglese, quella alla francese e poi la natura si dispiega in un grande frutteto che un tempo era anche orto, dove venivano coltivate anche le aromatiche e si praticava l’apicoltura. Quindi una fitta boscaglia si dipana ad un certo punto davanti alla vista. Ecco che il dualismo si manifesta nel giardino. Vicino alla costruzione la natura viene circoscritta con forme geometriche ma pian piano che ci s’allontana la ragione sparisce ed entra in scena il mito. Ecco che il viaggio nel giardino diventa luogo per ritrovare sé stessi addentrandosi nella “selva oscura” che è il mondo della mente. Un percorso esoterico pensato e creato dal barone Corrado Arezzo che mette, non a caso lungo i viali, simboli allegorici.

I simboli allegorici nel parco del Castello di Donnafugata:
Prima di addentrarsi nel parco s’incontra la scalinata del terrazzo che porta in sé dei messaggi. Due sfingi alla sommità e due leoni all’ultimo scalino in basso. La sfinge è la guardiana della soglia che invita il visitatore con un sorriso a risolvere l’enigma del parco. I due leoni rappresentano la soglia oltre cui l’uomo invade il confine della natura, quindi una dimensione diversa. Ecco che il mito, la ragione e la conoscenza di sé accompagneranno l’uomo che si appresta a viaggiare per il parco alla ricerca di sé stesso.​
La collina dell’Arcadia: Addentrandosi nel parco si incontrerà la collina dell’Arcadia con il piccolo tempio dalla volta blu tempestata di stelle dorate. È una rappresentazione voluta del rapporto tra uomo e natura, ricorda il mito dell’Arcadia, da questa postazione guardando a destra si scorgerà il labirinto.



La grotta platonica:
Al di sotto del tempio si trova la grotta / ninfeo. Veniva intesa come stanza dello scirocco, quando nei pomeriggi di molta calura ci si trovava per avere refrigerio. Difatti dei sedili in roccia sono predisposti nelle pareti laterali all’ingresso della grotta. Questo luogo venne ideato rifacendosi al mito della caverna platonica.  Da una feritoia nel soffitto attraversa la luce, simbolo di sapienza, e anche l’acqua delle piogge che veniva raccolta in un invaso e convogliata in una vasca. Era questo un riferimento alle ninfee del Parnaso che ricollegavano il mito dell’Arcadia con la poesia. Il messaggio della grotta era molto chiaro. L’invito simbolico all’accesso era: “chi entra qui ne uscirà come uomo nuovo”.





La Coffee House:
Un edificio che ricorda un templio pagano, con le colonne ioniche, si staglia nel cielo da lontano con il suo colore di un pallido salmone: è la coffee house. Durante le giornate estive, si dava ristoro agli ospiti in questo luogo, dove poter giocare e conversare gustando dolci, bevande e la granita al gelsomino, molto in voga a quei tempi. Uscendo dalla coffee house, a sinistra c’è l’accesso al cuore del giardino-frutteto.




Il labirinto Inglese:
Il labirinto è il simbolo esoterico per eccellenza. Un dedalo di percorsi che nascondono, celano e mai indicano il percorso. Proprio come la vita il labirinto è un luogo dove bisogna perdersi per poi trovare la via. Quindi il visitatore entrandoci deve armarsi di pazienza per giungere all’uscita. Il labirinto del parco di Donnafugata non segue un singolo percorso, ma molteplici vie. L’impianto è stato ricreato sul modello del labirinto di Hampton Court Palace di Londra, tuttora esistente ma di costruzione più antica. Sono questi gli unici due labirinti al mondo di forma trapezoidale. Nella struttura di Donnafugata i muri ricoperti di roseti sostituirono le siepi di Hampton Court Palace. Oggi i roseti non ci sono più e si può ammirare in tutta la sua bellezza scarna la muraglia che forma il labirinto.  



IL NUOVO MUSEO DEL COSTUME:
Nei bassi del castello, in un’area dove un tempo c’era il fervore delle cucine, degli alloggi della servitù che viveva ed animava il castello assieme agli illustri proprietari, oggi è allestito il museo del costume (MU.DE.CO.). Preziosissima collezione acquistata dal comune di Ragusa da un’esponente della famiglia Arezzo. La collezione è composta da abiti e accessori che abbracciano tre secoli di storia siciliana del costume. E consta in:
460 abiti completi;
695 indumenti singoli;
1555 accessori moda;
72 elementi di oggettistica varia legata agli usi più disparati.
L’opera di recupero e di conservazione dei pezzi pregiati è stata affidata a mani esperte, maestranze e professionisti guidati dagli architetti Giuseppe Gurrieri e Nunzio Sciveres. La location che ospita la mostra si presta ad esaltare la bellezza dei pregiati capi. L’architetto Giuseppe Nuccio Iacono ha creato un percorso attraverso tre secoli, facendo addentrare il visitatore in atmosfere diverse, tra musiche e tendaggi che delimitano i vari comparti.
Alcuni pezzi sono custoditi in delle teche di vetro e si comprende entrando, che sono state prese tutte le precauzioni per la conservazione, difatti la temperatura è regolata dai climatizzatori per mantenere l’umidità bassa. I vestiti esposti non sono sempre gli stessi ma subiscono una rotazione, per preservarne il più possibile lo stato.



L’ambiente, evoca i tempi passati e rende più vicini i protagonisti delle storie che il castello racconta nelle sue stanze. Tra tutti gli abiti, c’è un vestito da sposa che ispirò il costume indossato da Claudia Cardinale ne “Il Gattopardo”. Difatti, il regista Luchino Visconti per calarsi nelle realtà siciliane della seconda metà dell’ottocento, prima delle riprese del film, visitò il castello di Donnafugata e la collezione di abiti degli Arezzo. In questo luogo sospeso nel tempo gli abiti, con la loro anima sono resi immortali. Non saranno più indossati, ma sempre ammirati e questo va oltre lo scorrere del tempo. Poiché, nonostante passino le mode e gli usi e costumi cambino, la bellezza delle cose a volte resta immutata per essere ammirata per secoli.

Guarda il Bellissimo Video del Castello



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