Famiglia Florio il famoso stemma: perché i Florio si chiamano "Leoni di Sicilia"
Pubblicato da Francesca Ur. per SicilyTourist in Cultura e Tradizioni · 30 Dicembre 2023
Secondo le informazioni ufficiali che risalgono all’epoca, la scelta di un leone febbricitante come simbolo della loro casata è stata eseguita un po’ come ripicca nei confronti dei loro compepitor commerciali, agli inizi della loro lunga storia imprenditoriale, che risale ai primi dell’Ottocento. In quel periodo infatti i Florio non venivano molto accettati da parte di altri ricchi abitanti della Kalsa, che cominciarono a definirli come a degli immigrati arricchiti o a delle “fiere ammaestrate”, in grado di rubare alcune fette dell’allora florido mercato regionale, già in mano ad alcuni borghesi e a diversi aristocratici locali da molto tempo.
La loro sorte tuttavia cambiò completamente quando pochi anni prima della morte di Paolo, avvenuta nel 1807, sotto la spinta di Vincenzo e di suo zio Ignazio la famiglia cominciò a offrire ai suoi clienti in esclusiva un importante prodotto, ovvero la vendita del chinino, una delle sostanze più rare e importanti dell’epoca. Esso era infatti l’unico farmaco efficace del periodo in grado di abbassare le febbri provocate dalla malaria, allora molto più mortale di ora. E per una regione come quella siciliana, in cui la malaria era endemica e distribuita storicamente in tutte le province, il disporre del commercio esclusivo del chinino divenne sostanziale, per proiettare i Florio all’interno della ristretta lista di famiglie benestanti in grado di esercitare il potere politico, economico e sociale nella Palermo dell’epoca.
All’acquisizione delle nuove disponibilità economiche e della sempre crescente stima dei loro clienti, i Florio così decisero di usare come strumento pubblicitario alcuni dei vecchi “insulti” che avevano ricevuto da parte di altri imprenditori locali, scegliendo di inserire nel loro stemma i riferimenti iconografici ai due principali simboli del loro potere crescente: gli alberi di china, da cui si estraeva il farmaco di cui godeva tutta la città, e la coraggiosa resilienza della loro famiglia, raffigurata sotto la forma di un leone che per quanto stanco affrontava le difficoltà, scegliendo oculatamente dove bere, per guarire dalla febbre.
Da allora il simbolo del Leo bibens divenne una delle più importanti mascotte commerciali utilizzate al mondo, venendo utilizzato anche dalle successive generazioni dei Florio - ed in particolare da Ignazio Florio Junior – per promuovere qualsiasi tipologia di prodotto che usciva dalle loro fabbriche: dal Marsala ai farmaci contenenti il chinino, dallo scatolame di tonno in scatola alle gare automobilistiche per poi finire alle compagnie navali con cui i Florio, sul finire del Diciannovesimo secolo, riuscirono a proporre per la prima volta nella storia le crociere, nuovo strumento di esplorazione del mondo e sintomo stesso di una nuova concezione culturale ed effettiva del concetto del viaggio.
Il leone sofferente negli anni così divenne il simbolo stesso della Famiglia Florio, tant'è che si trova anche davanti alla tomba della famiglia, nel cimitero di Santa Maria di Gesù, a Palermo e di un impero economico che crollò definitivamente solo al termine della Belle Époque, mutando paradossalmente invece più tardi nel sinonimo di una Sicilia inefficiente e attaccata morbosamente alle sue tradizioni, ancora impreparata ad affrontare le brutture del fascismo, delle conseguenze dell’autarchia e dei cambi di gusti del pubblico.
Per quanto infatti il Marsala, il chinino e le scatolette di tonno permisero alla famiglia Florio di trovare la strada per raggiungere il successo nel corso dell’Ottocento, questi prodotti furono commercialmente considerati stantii e poco apprezzati dalle nuove giovani popolazioni consumistiche formatisi in Europa e negli Stati Uniti, di seguito alla fine della Prima Guerra mondiale. E non sapendosi più adattare ai gusti del pubblico, il destino imprenditoriale di questa famiglia si realizzò nel corso di pochi anni, parallelamente alla realizzazione di alcuni cattivi investimenti che oggi noi tutti conosciamo come il fiore ad occhiello dell’architettura Liberty siciliana.